
Le minacce di tariffe sulle importazioni farmaceutiche da parte dell’amministrazione Trump hanno spinto le principali aziende del settore a rivedere le proprie strategie produttive, rafforzando la presenza negli Stati Uniti. Johnson & Johnson (J&J) ha annunciato un investimento di 55 miliardi di dollari nei prossimi quattro anni, seguendo l’esempio di Eli Lilly e Pfizer. L’impegno di J&J prevede la costruzione di tre nuovi impianti e l’ampliamento di strutture esistenti, tra cui un grande stabilimento biotecnologico a Wilson, North Carolina, dedicato alla produzione di terapie avanzate per il cancro, le malattie immuno-mediate e neurologiche. Questo investimento avrà un impatto economico stimato in 100 miliardi di dollari, con la creazione di 5.000 posti di lavoro nella fase di costruzione e 500 posizioni permanenti. Inoltre, sarà accompagnato da un potenziamento della ricerca e sviluppo, con particolare attenzione a oncologia, neuroscienze, immunologia, malattie cardiovascolari e chirurgia robotica.
Le politiche protezionistiche di Donald Trump hanno avuto un ruolo chiave in queste decisioni. Durante un incontro con i CEO di Merck, Pfizer ed Eli Lilly, Trump ha minacciato di imporre tariffe del 25% sui farmaci importati, spingendo le aziende a trasferire parte della produzione negli Stati Uniti. Eli Lilly ha risposto con un investimento di 27 miliardi di dollari, mentre Pfizer ha annunciato un rafforzamento della propria rete produttiva americana, che già conta 13 stabilimenti. Queste mosse, oltre a ridurre il rischio di dazi, mirano a garantire una maggiore competitività sul mercato statunitense. Tuttavia, resta da capire se saranno sufficienti a evitare nuove misure protezionistiche e a garantire stabilità al settore.
In netto contrasto con questa tendenza, AstraZeneca ha scelto di investire in Cina, annunciando un piano da 2,5 miliardi di dollari per un nuovo hub di ricerca e sviluppo a Pechino. L’azienda intende sfruttare le avanzate competenze cinesi in biotecnologie e intelligenza artificiale per accelerare la scoperta di nuovi farmaci. Inoltre, ha siglato accordi con biotech locali come Harbour BioMed, Syneron Bio e BioKangtai per lo sviluppo di anticorpi multi-specifici e peptidi macrociclici. Questa scelta strategica evidenzia una visione opposta rispetto alle aziende che stanno riducendo la dipendenza dalla produzione estera per rispondere alle pressioni politiche americane.
L’ondata di investimenti negli Stati Uniti e in Cina sta ridefinendo il panorama farmaceutico globale. Le aziende americane puntano a rafforzare la sicurezza delle catene di approvvigionamento, mentre AstraZeneca vede nella Cina un motore di innovazione. Il futuro del settore dipenderà dalla capacità di bilanciare pressioni politiche, opportunità di mercato e sviluppo tecnologico. Resta da vedere se queste decisioni porteranno a una riduzione dei costi dei farmaci o se, al contrario, incideranno sui prezzi per i consumatori, mentre la Cina potrebbe assumere un ruolo sempre più centrale nel progresso biotecnologico globale.
La Redazione
Source: PHARMASTAR