Un editoriale di The Lancet Regional Health Europe ha evidenziato le criticità del sistema sanitario italiano, attribuite all’ampia autonomia regionale. Le 20 regioni operano indipendentemente, causando frammentazione nell’infrastruttura dei dati sanitari e disuguaglianze nell’accesso alle cure.
Secondo l’articolo, la legge sull’autonomia differenziata, se approvata, peggiorerebbe la frammentazione e le disparità tra regioni, anziché promuovere una raccolta e condivisione uniforme dei dati. The Lancet sottolinea che la frammentazione compromette la condivisione delle informazioni, riducendo la qualità dell’assistenza sanitaria, e che l’assenza di un sistema centralizzato per i dati sanitari, unita alla scarsa interoperabilità tra regioni e ospedali, ostacola la creazione di registri nazionali e la gestione delle crisi sanitarie.
Durante la pandemia di COVID-19, queste carenze hanno ritardato l’identificazione dei legami tra comorbidità e gravità dell’infezione, aggravando le disparità regionali nell’assistenza. L’assenza di una politica nazionale per un’equa allocazione delle risorse e protocolli standardizzati ha spinto molte strutture a usare sistemi obsoleti e incompatibili, costringendo a trasferire manualmente dati e immagini diagnostiche, con conseguenti ritardi e costi elevati.
La frammentazione dei dati sanitari pone anche ostacoli significativi alla ricerca. Senza una piattaforma centrale, i ricercatori devono affrontare i comitati etici di ogni istituzione, che spesso negano richieste senza motivazioni scientifiche sostanziali. The Lancet osserva che dal 2009 la percentuale di studi autorizzati è scesa al 15%. La raccolta dei dati è spesso manuale e di bassa qualità, rendendo difficile condurre studi multicentrici e ostacolando la produzione di risultati generalizzabili.
Nel 2022, l’Italia ha speso 1,8 miliardi di euro in sanità digitale (+7% rispetto all’anno precedente), ma non è chiaro se tali fondi siano stati usati efficacemente, soprattutto per i fascicoli sanitari elettronici e l’integrazione tra sistemi regionali e nazionali. Solo il 42% delle cliniche ha dichiarato di avere sistemi elettronici di raccolta dati attivi in tutti i reparti.
The Lancet rileva che la sfiducia nel governo aggrava la situazione, con oltre 90.000 italiani che rifiutano di condividere i dati sanitari per timori legati alla privacy, preoccupazione aumentata durante la pandemia. L’Europa, adottando il principio del “legittimo interesse”, consente l’uso dei dati sanitari per ricerca e innovazione senza basarsi esclusivamente sul consenso individuale. Tuttavia, in Italia, legislazione restrittiva e frammentazione regionale ostacolano questi sforzi, senza bilanciare adeguatamente privacy e interesse pubblico.
L’articolo conclude che è fondamentale armonizzare le leggi nazionali per creare una rete unificata di dati sanitari in Italia, promuovendo interoperabilità, telemedicina e digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale. Sottolinea l’importanza di iniziative europee come il Data Governance Act, per la condivisione sicura dei dati, lo Spazio Europeo dei Dati Sanitari, per l’assistenza transfrontaliera e la ricerca, e l’AI Act, per regolamentare un’IA trasparente nell’assistenza sanitaria.
La Redazione
Source: PHARMASTAR