La spesa sanitaria italiana è aumentata o no? /1

Nei giorni scorsi si è generata una forte polemica a livello politico sul finanziamento della sanità negli anni scorsi: le posizioni contrapposte hanno visto da un lato coloro che sostengono la tesi che negli anni passati il finanziamento pubblico alla sanità è aumentato mentre dall’altro coloro che hanno contestato un taglio totale netto di 37 miliardi di Euro al capitolo sanità del bilancio.

Premesso che si tratta un argomento complesso (molto più di quanto possa apparire dai vari interventi che si sono susseguiti in questi giorni), pieno di sfaccettature e considerazioni tecnico-economiche che non sono facilmente illustrabili al grande pubblico, con questo primo post di una serie si vuole offrire una panoramica degli interventi più utili per (tentare di) comprendere la reale situazione del finanziamento della nostra sanità. Con una premessa: secondo l’autore di questo post, tagli o non tagli alla spesa sanitaria, la gestione dell’emergenza da Coronavirus sarebbe stata comunque devastante come lo è ora.

Secondo le analisi dello studio dell'Osservatorio Conti Pubblici Italiani diretto da Carlo Cottarelli, curate da Luca Gerotto, dal 2000 ad oggi la spesa sanitaria pubblica è effettivamente salita: dal 2000 al 2018 l'incremento è stato del 69%, ma la maggior parte è concentrata fino al 2010. Il dato è sceso fino al 2013 e poi ha ricominciato a salire, ma a un ritmo più lento

 

L’aumento è stato rilevante – pari al 22 per cento- anche se valutato in termini reali, ossia al netto dell’inflazione. Per effetto di questi andamenti, l’incidenza della spesa sanitaria sul Pil è aumentato di un punto, dal 5,5 per cento del 2000 al 6,5% del 2018. Ulteriori incrementi fino a 120 miliardi erano previsti sino al 2021, anche prima delle recenti decisioni relative alla crisi del coronavirus, per effetto dei maggiori stanziamenti per il Servizio Sanitario Nazionale.

Occorre però notare che l’aumento della spesa è avvenuto quasi del tutto nella prima parte del periodo, ossia fra il 2000 e gli anni della crisi finanziaria. Nel 2010 la spesa aveva già raggiunto i 113,1 miliardi con un incremento cumulato rispetto al 2000 pari al 65 per cento, corrispondente ad un tasso di crescita medio annuo del 5 per cento, ben superiore a quello del Pil. Questi andamenti, cui corrispondevano elevati disavanzi in alcune regioni, e la generale necessità di contenere il deficit pubblico cresciuto molto nel 2009-10, indussero i governi a mettere un freno alla spesa – anche attraverso piani di rientro finanziari, introduzione dei costi standard, eliminazioni di sprechi in alcune regioni, blocco del turnover. La spesa scese di 3,5 miliardi nel triennio fra il 2010 e il 2013. Da allora la spesa è sempre aumentata, ma a ritmi molto contenuti, passando dai 109,6 miliardi del 2013 a 115,4 del 2018, dato che rappresenta il massimo storico. Se si valuta la spesa in termini reali, il livello del 2018 è all’incirca uguale al livello del 2005, prima della grande impennata che si verificò fra il 2006 e il 2010.  Gli aumenti della prima parte del decennio erano probabilmente eccessivi, date le note fragilità dell’Italia in termini di bassa crescita dell’economia e alto debito pubblico. Gli aumenti moderati e comunque inferiori all’inflazione degli anni successivi possono però aver creato problemi in vari ambiti a fronte delle esigenze crescenti legate all’invecchiamento della popolazione e all’elevato costo dei nuovi farmaci e nuove tecnologie.

 

Dino Biselli

Source: La Repubblica