Riduzioni molto marcate in termini assoluti di alcune terapie farmacologiche, fino a raggiungere un calo anche del 40%, e forti diminuzioni di prescrizioni per pazienti di nuova diagnosi che toccano punte che in alcuni casi arrivano all’85%: si tratta di dati relativi all'analisi della continuità terapeutica nell'ambito delle patologie croniche. Tali cifre prendono in considerazione la situazione che ha avuto avvio da marzo, a seguito dell’adozione del lockdown per tentare di contrastare l’espansione dell’infezione di COVID-19. Il problema è che a tali cifre non corrispondono delle evidenze scientifiche che possano suggerire una diminuzione così drastica dell’incidenza della patologia, calo che si è confermato anche dopo la fine del lockdown.
A lanciare l’allarme sulle enormi difficoltà che sta incontrando la continuità terapeutica nel patologie croniche in epoca di COVID-19 sono state Fondazione Italiana per il Cuore, Fondazione Giovanni Lorenzini, Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell’Osso (Firmo), Associazione nazionale Malati Reumatici (Anmar Onlus) e l’Associazione di Iniziativa Parlamentare e Legislativa per la Salute e la Prevenzione. Le loro richieste sono un maggiore impegno per la prevenzione e cura delle patologie cardiovascolari, ossee e reumatiche per superare la problematica nel più breve tempo possibile, e di approfittare del momento di studio sulla riorganizzazione della Sanità per immaginare soluzioni più semplici di accesso a farmaci fondamentali per alcuni pazienti particolarmente a rischio.
In particolare, è diminuito il ricorso a terapie per patologie croniche, per la prevenzione di eventi cardiovascolari, fratture ossee, o per controllare la progressione dell’artrite reumatoide; inoltre, in alcune Regioni i farmaci sono accessibili solo nelle farmacie ospedaliere attraverso la distribuzione diretta ospedaliera. Infine, ulteriori criticità sono causate dalla presenza di piani terapeutici, registri di monitoraggio e schede di dispensazione che hanno innalzato un’ulteriore barriera per i pazienti.
Il Governo ha reso possibile passare alla “distribuzione per conto” da parte delle farmacie convenzionate per i farmaci erogati in regime di distribuzione diretta da parte delle strutture pubbliche. Ciò ha permesso ad alcune Regioni di acquisire gli strumenti necessari per snellire le procedure burocratiche per l’accesso a molte terapie. Alcune aziende hanno messo in atto progetti di consegna a domicilio dei farmaci, mentre Federfarma e Assofarm (farmacie comunali) hanno dato la loro disponibilità per la consegna diretta. Nonostante queste iniziative, a livello regionale, o anche a livello del singolo territorio, non sono seguite attività concertate e uniformi e, di conseguenza, non sempre si sono messi in atto in meccanismi per semplificare l’accesso ai farmaci in distribuzione diretta ospedaliera.
Dino Biselli
Source: Quotidianosanita.it