Screening oncologici: Italia avanti a piccoli passi (ma il Sud arranca)

In Italia si registra una crescente partecipazione agli screening oncologici preventivi, ma persistono marcate differenze geografiche, con le Regioni meridionali che mostrano i livelli più bassi di adesione. È quanto emerge dai dati della sorveglianza Passi dell’Istituto Superiore di Sanità, relativi al biennio 2023-2024.
Per quanto riguarda lo screening mammografico, il 75% delle donne tra i 50 e i 69 anni ha effettuato una mammografia nei tempi raccomandati dalle linee guida (ogni due anni), sia aderendo a programmi organizzati sia su iniziativa personale (circa il 20%). La partecipazione è più elevata tra le donne con istruzione più alta, maggiori risorse economiche, cittadinanza italiana e in una relazione stabile. Anche in questo caso, si evidenzia un divario territoriale: al Nord l’adesione è dell’86%, al Centro dell’80% e al Sud del 62%. Il Friuli Venezia Giulia raggiunge il 90% di copertura, mentre la Calabria si ferma al 46%. Negli ultimi anni si è osservato un progressivo aumento della partecipazione, grazie all’ampliamento dei programmi organizzati. Tuttavia, durante la pandemia di Covid-19, tra il 2020 e il 2021, si è verificato un calo della copertura, dovuto alla riduzione dell’offerta da parte delle Asl e a una minore risposta delle donne. Solo nel 2022 si è registrata una ripresa, culminata nel 2024 con valori superiori a quelli pre-pandemici.

Diversa è la situazione dello screening colorettale, la cui copertura resta limitata: solo il 47% degli italiani tra i 50 e i 69 anni ha eseguito un test preventivo (ricerca del sangue occulto fecale negli ultimi due anni o colonscopia/rettosigmoidoscopia negli ultimi cinque). Anche qui è evidente un divario territoriale: 62% di adesione al Nord, 55% al Centro, e appena il 30% al Sud. La maggioranza dei partecipanti ha aderito a programmi organizzati dalle Asl (39%), mentre l’adesione spontanea è rara (circa 8%). Dal 2010, la copertura è aumentata in modo significativo, ma ha subito una flessione durante la pandemia, a causa del rallentamento dei programmi e della minore partecipazione della popolazione. Solo nel 2024 si è tornati ai livelli pre-Covid.

Infine, lo screening cervicale per la prevenzione del tumore della cervice uterina coinvolge il 78% delle donne tra i 25 e i 64 anni. Anche in questo caso, l’adesione è più alta tra chi ha un livello di istruzione elevato (84% tra le laureate contro il 50% tra chi ha la sola licenza elementare), maggiori possibilità economiche (81% contro 67%), cittadinanza italiana (78% contro 69% tra le straniere), e tra le donne coniugate o conviventi (80% contro 73%). La copertura disegna un altro netto gradiente Nord-Sud: 84% nelle Regioni settentrionali e centrali (con il Friuli Venezia Giulia al 90%), contro il 69% del Sud, dove la Calabria registra la percentuale più bassa (59%). L’emergenza sanitaria ha influito anche su questo screening, determinando una contrazione sia dell’offerta dei servizi da parte delle Asl sia della risposta delle donne. A differenza degli altri due screening, però, i livelli del 2024 risultano ancora simili a quelli del 2020, senza aver ancora recuperato i valori pre-pandemia. Questo rallentamento potrebbe dipendere non solo dalla crisi sanitaria, ma anche dalle recenti modifiche al programma, sempre più personalizzato in base all’età e alla vaccinazione anti-Hpv delle coorti più giovani.

La Redazione 

Source: ABOUTPHARMA