Alcune considerazioni relative all’age management aziendale e a come impostarlo

In un contesto demografico caratterizzato da un progressivo invecchiamento della popolazione, si sta rendendo sempre più necessario il cosiddetto age management, una sfida per l’azienda che coinvolge sia l’ambito lavorativo sia quello sociale. Ciò impone, da parte dell’impresa, l’adozione di un modello organizzativo e comunicativo idoneo e innovativo, con una mentalità attiva e proattiva rivolta verso performance aziendali migliori derivanti dall’ottima gestione delle risorse umane mature.

Dal 2019 l’Unione europea ha iniziato a definire linee guida e progetti nel documento “Regional aspects of ageing and demographic change”, nel quale ha affrontato l’impatto dell’invecchiamento della popolazione offrendo una serie di raccomandazioni in particolare sull’active ageing. In questo stesso documento, l’Europa ha affrontato il tema della promozione dell’employability degli older workers nonché l’assistenza alle aree rurali per evitare lo spopolamento o l’isolamento sociale. 

L’Italia è il paese più vecchio, come confermato dal “Rapporto sull’invecchiamento 2021” rilasciato dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, che riporta come in Italia la quota della popolazione con più over 65 è quella maggiore di tutti gli altri 27 paesi UE (23,5% della popolazione).

L’invecchiamento della popolazione dei lavoratori, può essere direttamente proporzionale al change management in azienda ovvero può essere per l’azienda una grande opportunità in termini di crescita, di competitività, di sostenibilità e di life science. 

In particolare, la risorsa senior con una età maggiore di 55 anni avrà sempre più la necessità di minimizzare i propri problemi di salute pur di essere considerato idoneo al lavoro fino all’età pensionabile. Salute e sicurezza sono indicatori compenetranti tra loro che prevedono almeno due aspetti da tenere in considerazione. Il primo potenzialmente più hard e che riguarda soprattutto le realtà industriali è legato all’idoneità del lavoratore a svolgere certe mansioni, considerando che vi sono delle linee di produzione e mansioni operative non sempre compatibili con l’età e gli eventuali acciacchi fisici. Almeno dai 60 anni in su non tutti i lavoratori saranno in grado di dedicarsi quotidianamente ad attività ormai non più sostenibili per loro.

È necessario intervenire immediatamente sulla questione perché se trascurata il numero delle risorse mature non più idonee aumenterebbe nel giro di poco tempo. I pensionamenti anticipati sicuramente sono uno strumento molto allettante per l’azienda ma non sempre funzionale. Neanche per il dipendente. Sarebbe invece interessante approcciare il problema in maniera sistematica anticipandolo e lavorando sulla riorganizzazione dei processi produttivi, sulla riorganizzazione del lavoro e dell’ergonomia fonte di nuova vitalità per i lavoratori over 55 o 60 e per l’azienda stessa che ne promuove il benessere.

L’analisi organizzativa dell’azienda, per approcciare il progetto di change management delle figure senior in funzione dell’ageing management, è fondamentale poiché porterà a valutare tra le altre cose, le competenze dei soggetti individuati. Riconvertire il personale, sarà una soluzione da prendere in considerazione tenendo conto che i senior imparano in modo diverso dai junior e che non bisogna perseguire vecchi metodi ma solo nuovi. E’ necessario però programmare un reskilling o upskilling aziendale in modo da comprendere prima dell’inizio di eventuali problemi:

  • le persone e le attività svolte;
  • le possibili evoluzioni interne all’azienda pensando di riorganizzarla con le persone che si hanno a disposizione e non prenderne di nuove dal mercato esterno.

Infine, riguardo l’impatto sui profitti aziendali, è opportuno evidenziare che un lavoratore senior è da considerarsi un costo puro solo se il lavoratore non genera performance. Questo è il primo motivo su cui l’ageing management deve trovare la prima applicazione in azienda.

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Source: Aboutpharma