Farmaci in sperimentazione contro il Coronavirus

Il nuovo coronavirus (2019-nCoV) fino ad oggi ha provocato più di 400 morti e più di 20mila contagi confermati in tutto il mondo (concentrate nella stragrande maggioranza dei casi in Cina). Gli ospedali in tutto il mondo stanno comunque sperimentando dei trattamenti su diversi fronti, ricorrendo anche all’impiego di farmaci sperimentali utilizzati anche per altre malattie virali.

I medici di un ospedale dello stato di Washington hanno somministrato il Remdesivir, un farmaco antivirale che interferisce con i meccanismi di replicazione utilizzato da alcuni tipi di virus per colonizzare le cellule di un organismo con il loro codice genetico, a un paziente con il coronavirus, mostrando una buona efficacia. La descrizione di tale sperimentazione è stata pubblicata su New England Journal of Medicine ed è stata ben accolta dalla comunità scientifica. Non è un caso che Gilead, la multinazionale farmaceutica che produce remdesivir, abbia iniziato a collaborazione con le autorità sanitarie cinesi per sperimentare il suo farmaco su un campione limitato di pazienti, così da raccogliere più dati e informazioni.

Il remdesivir è uno dei famosi farmaci che un gruppo di ricercatori cinesi, in una lettera pubblicata sulla rivista scientifica Cell Research, un gruppo di ricercatori cinesi ha scritto di avere riscontrato un blocco dell’attività virale in vitro (quindi non su pazienti) dopo l’introduzione del farmaco. Il remdesivir non è ancora stato approvato né dalla FDA né da EMA, è la terza fase di sperimentazione avverrà proprio attraverso la somministrazione ai pazienti cinesi, visto che in precedenza il farmaco aveva già dato buona prova di tollerabilità.

Altre molecole in fase di sperimentazione per cercare di contrastare il Coronavirus sono il lopinavir e ritonavir, due farmaci utilizzati per tenere sotto controllo l’HIV. Pur non costituiscono una vera cura, questi antivirali possono comunque essere una valida risorsa per contenere la diffusione del virus nell’organismo, facilitando il lavoro del sistema immunitario nel contrasto dell’infezione e nella conservazione della “memoria”.

Sia in un caso che nell’altro, occorreranno alcuni mesi prima di avere dati più significativi derivanti da test su un maggior numero di pazienti.

 

Dino Biselli

Source: Il Post