
Il 24 marzo, in occasione della Giornata Mondiale della Lp(a), esperti e ricercatori hanno discusso dell’importanza della Lipoproteina(a) [Lp(a)] come fattore di rischio cardiovascolare. La Lp(a) è una lipoproteina prodotta dal fegato e determinata geneticamente, il cui livello non è modificabile con dieta o esercizio fisico. Studi scientifici hanno dimostrato che livelli elevati di Lp(a) (>50 mg/dl) contribuiscono allo sviluppo di aterosclerosi e stenosi aortica, aumentando significativamente il rischio di infarto e ictus. Nonostante la sua rilevanza, questa variabile non è ancora adeguatamente monitorata nella pratica clinica.
Scoperta nel 1963 da Kåre Berg, la relazione causale tra Lp(a) e malattia coronarica è stata confermata nel 2009 dallo studio genetico PROCARDIS. Studi successivi hanno evidenziato che livelli elevati di Lp(a) sono già presenti alla nascita nei soggetti geneticamente predisposti e che valori superiori a 30 mg/dL nei bambini e adolescenti aumentano il rischio di ictus ischemico primario e ricorrente. Inoltre, le donne over 50 presentano livelli mediamente più alti di Lp(a) rispetto agli uomini, con un incremento del 17% che coincide con la menopausa.
Il Dottor Claudio Bilato, Direttore della Cardiologia degli Ospedali dell’Ovest Vicentino, sottolinea che livelli elevati di Lp(a) possono aumentare del 20% il rischio di infarto o ictus, indipendentemente dai fattori di rischio tradizionali. Non considerarla nella valutazione del rischio cardiovascolare porta a una sua sottostima. Poiché la Lp(a) è un fattore di rischio indipendente, il suo dosaggio dovrebbe essere effettuato nei pazienti a medio-alto rischio cardiovascolare, in coloro che hanno subito eventi acuti recenti o ricorrenti e nei soggetti con una storia familiare di malattie cardiovascolari precoci. In particolare, nei pazienti ricoverati per eventi acuti, la misurazione della Lp(a) è un’opportunità preziosa per affinare la stratificazione del rischio.
Il Dottor Mario Crisci, Dirigente Medico della Cardiologia Interventistica dell’Ospedale Monaldi di Napoli, evidenzia che la misurazione della Lp(a) dovrebbe essere presa in considerazione almeno una volta nella vita di ogni adulto per identificare coloro con livelli ereditari molto elevati. Tuttavia, attualmente non esistono farmaci approvati per ridurre la Lp(a), e la gestione dei pazienti si basa sul controllo di altri fattori di rischio cardiovascolare come colesterolo LDL, ipertensione e diabete. Nei casi più gravi si ricorre all’aferesi delle lipoproteine, una procedura invasiva simile alla dialisi.
Negli ultimi anni, la ricerca ha fatto passi avanti nello sviluppo di nuove terapie. Pelacarsen, un oligonucleotide antisenso, è attualmente in fase III di sperimentazione clinica e sta mostrando risultati promettenti. Paola Coco, Chief Scientific Officer di Novartis Italia, conclude: “Il nostro impegno è quello di individuare soluzioni terapeutiche per rispondere alla sfida delle malattie cardiovascolari e garantire una migliore qualità di vita e sopravvivenza sul lungo periodo”.
La Redazione
Source: NOVARTIS